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Articolo giornalistico dedicato a Don Liborio Romano, raccolto da Giovanni Spano

Titolo: Liborio Romano - una volta sull'altare............

Liborio Romano Una volta sull’altare 140 anni nella polvere (della calunnia più gratuita)
Liborio Romano
nasce a Patù il 27 ottobre 1793, dove muore il 17 luglio 1867 (nel 2007, con un convegno, abbiamo ricordato i 140 anni dalla morte). Nello stesso convegno, abbiamo intitolato la biblioteca dell’associazione ad Antonio Michele Ferraro, un piccolo riconoscimento, ai grandi meriti di Antonio, nella ricerca delle radici del nostro Salento. E un grazie personale, per il grande aiuto, morale e materiale che mi ha permesso di riportare a Patù tanti documenti del nostro “Grande calunniato” Liborio Romano. Questo nostro concittadino, da 140 anni, viene trascurato e macchiata la sua immagine. Capisco che i filo-borbonici o i contro-unitari, debbano trovare il capro espiatorio per giustificare le loro manchevolezze. Quello che non capisco, è dove siano finiti i patuensi (suoi concittadini), i piemontisti e gli unitari. Perché hanno spazio solo coloro che operano per denigrare la sua figura ? E’ più facile salire sul carro del vincitore, per poi abbandonarlo quando le vicende prendono una piega scomoda. Forse è giunto il momento che Patù e gli studiosi salentini si uniscano per dare lustro all’uomo che nel bene (o nel male) ha portato Patù e il Salento, per la prima volta, ad essere rappresentata nel primo Parlamento italiano, e prima ancora, ai vertici nazionali più alti, collaborando e spesso scontrandosi con i più grossi personaggi, della politica e della storia italiana, (Garibaldi, Cavour, Vittorio Emanuele II°, Francesco II° di Borbone) per la nascente Unità d’Italia. Si può essere a favore o contro; col senno di poi, si possono fare delle scelte più oculate e condivise. Nei momenti delle grandi responsabilità, occorrono grandi decisioni, e spesso si è soli. Quest’uomo, si è trovato di fronte ad un bivio: scappare, conseguenza la guerra civile a Napoli con morte e distruzione ”o” prendere per mano la storia e pilotare il Regno di Napoli e delle Due Sicilie verso la loro fine: oramai segnata ! Tale fine era stata scritta e decisa altrove. L’Inghilterra ne è stata l’artefice. La paura che il Regno delle Due Sicilie si unisse alla Francia dando origine ad una grande potenza, ha fatto scaturire, la farsa, dell’unione, amichevole, per il bene comune, tra Piemonte e Regno delle Due Sicilie, in realtà è stata una annessione. E’ finito il tempo delle favole che ci hanno raccontato e raccontano a scuola. Chi di noi non si è sentito un’eroe, e idealmente, partecipato alla spedizione dei Mille, noi quasi li contavamo e partecipavamo alle loro gesta. E quante volte ci siamo chiesti come abbiano fatto mille soldati (uomini), comandati da Garibaldi, eroe dei due mondi, a conquistare l’Italia e il Regno delle Due Sicilie ? Infatti non è possibile, non è vero! Rileggendo (anzi leggendo) i testi storici (non quelli ufficiali) ma quei testi scritti da studiosi e appassionati che hanno scavato negli archivi segreti, si scopre che l’Unità d’Italia non è stata unione pacifica, ma conquista dei popoli del Sud. Si scopre che i mille non erano veramente mille e non viaggiavano solo con tre navi, al loro fianco c’era la flotta inglese, tantissimi mercenari venuti da tutta Europa e la flotta di Francesco II°, salvo qualche eccezione, che foraggiata aveva cambiato sponda. Garibaldi, è entrato a Napoli non con una spada sguainata , cavalcando un cavallo bianco, ma in treno, infatti era accampato a Salerno, in attesa dell’invito ad entrare in Napoli. Al telegramma di Liborio Romano e la visita del Sindaco di Napoli che gli garantivano la tranquillità del paese e che la situazione era sotto controllo, Garibaldi, giungeva in città, e precisamente alla stazione di Napoli, in treno, accolto da molti unitari e borbonici, che poi ne hanno giovato, passando nelle sue fila. Si è vero, Garibaldi è entrato a Napoli, senza sparare un solo colpo di fucile, senza il minimo spargimento di sangue. Almeno al nostro don Liborio Romano, riconosciamogli il merito di aver amato il popolo napoletano. Ora in un contesto così ampio, dove c’erano interessi internazionali enormi, qualche studioso o presunto tale, vuole far credere che la colpa sia tutta di Liborio Romano, affondando la testa nella sabbia per non cercare e vedere la verità, scomoda. Se Liborio Romano (nonostante unitario e liberale) avesse saputo degli eccidi che sarebbero andati a compiere i Piemontesi, verso i popoli del sud, probabilmente non avrebbe fatto le stesse scelte. Molti suoi colleghi, sono scappati , ne fanno eco le parole del vecchio Filangeri: “Lascio ad altri l'amaro uffizio di far da becchino alla dinastia”. E’ vero, ha raggiunto accordi con i capi della camorra. Vediamo in sintesi la situazione di Napoli, e le vicende politiche del momento riportando alcuni brani di autori che hanno vissuto il momento e conosciuto il personaggio. Una delle istituzioni più care al popolo era la Guardia Nazionale: ordinarne la composizione e organizzarla avrebbe certo interessato la popolazione e contribuito soprattutto al mantenimento dell'ordine. Egli intanto era sempre vigile al mantenimento dell'ordine: questo lo scopo fondamentale per cui aveva assunto la carica e questa del resto la funzione che doveva compiere. Già si è detto come in quel periodo fosse difficile l'opera dell'autorità: il Romano e le sue parole avevano per un momento calmati gli animi; ma non bisognava farsi troppe illusioni. Egli sapeva come in città esistessero diversi e opposti focolai, che alimentavano indefessamente l'opinione pubblica, rivolgendosi di preferenza alla parte più bassa e incolta del popolo. Tutta questa agitazione trovava di fronte una polizia sguarnita di uomini e, quel che è peggio, disorientata dal recente cambiamento di regime; una gendarmeria in gran parte disorganizzata e un esercito sul cui spirito di disciplina era lecito avere dei dubbi. La camorra potente, numerosissima attendeva la sua ora. Questa la situazione interna che Liborio era chiamato a chiarire. Che fare ? A chi rivolgersi ? In chi fidare ? Lo soccorse un'idea, dirò così, omeopatica: tentare di combattere il male col male stesso. La camorra era allora l'elemento di maggior pericolo ? Bene : serviamoci della camorra. Ne chiama a casa sua i caporioni: Michele ò Chiazzere, Schiavetto, Persianaro, De Crescenzio; si presenta loro bonariamente, parla con cordialità, ne solletica l'amor proprio, ne scusa i passati errori, e quando crede di averli confusi a sufficienza, propone loro la redenzione col mettersi alle sue dirette dipendenze. - Eccellenza, siamo vostri – promisero quei popolani. Egli poi non commise l'errore di formare la polizia esclusivamente da costoro, ma aggiunse questa gente ai vecchi e ai nuovi funzionari, mettendo a capo delle pattuglie chi ispirava più fiducia, o meglio, meno diffidenza. In ogni modo lo scopo urgente di soffocare i preparati tumulti fu raggiunto: Napoli rimase calma e non si ebbe a verificare in quei giorni il menomo incidente. Armati di bastone e distinti da una coccarda tricolore, i camorristi poliziotti erano di una straordinaria solerzia, talvolta anche eccessiva. Il provvedimento fu variamente giudicato allora e in seguito: gli storici lo hanno visto nel complesso dell'opera politica del Romano, e, come hanno giudicato l'insieme, così il particolare. · Il Lazzaro, a qualche anno dagli avvenimenti, encomia “lo squisito tatto pratico, che solo dottrinari meschini hanno potuto condannare”. · Nicola Nisco, anch'egli contemporaneo, giustifica pienamente il provvedimento, che “fece nascere dal disordine l'ordine e Napoli fu salvata dai misfatti e dalle rapine”. · Il De Cesare, molto più tiepido afferma: “Il provvedimento ebbe il suo bene e il suo male”. Ma che avesse il suo male ne era convinto lo stesso Romano, il quale non si vantò mai di averlo ideato, anzi lo ha considerato sempre come un atto di disperazione, dettato proprio dalle eccezionalità dei tempi. (Ghezzi p.92-93-94) · “Si condanni ora il mezzo da me operato: mi si accusi di avere introdotto nelle forze di polizia pochi uomini, rotti ad ogni maniera di vizi e di arbitri. Io dirò a codesti puritani, i quali misurano con la stregua dei tempi normali, i momenti di supremo pericolo, che il mio compito era quello di salvare l'ordine: e lo salvai col plauso di tutto il paese”. (L.R. Memorie politiche p.52) Questo stratagemma ha evitato a Napoli e ai napoletani, la guerra civile. La storia ci insegna che a distanza di tanti anni, seduti comodamente ad una scrivania, con la libertà di parola che oggi godiamo, (prima si andava in galera e senza processo, per aver stampato o divulgato un volantino) oggi queste cose fanno ridere (meno male), ma la storia Salentina, Risorgimentale, è piena di oppressori e vittime, ed ancora oggi si parla del Brigantaggio come fenomeno delinquenziale, composto da delinquenti comuni, ma la verità è che nelle fila dei “briganti”, c’erano tanti ex borbonici e tanta gente comune alla quale era stato tolto ogni diritto e ogni dignità, ma questo potrebbe essere argomento di altre riflessioni. Patù giugno 2008 Giovanni SPANO Presidente Associazione Culturale “Don Liborio Romano” Patù Perché non creiamo a Patù un Centro per raccogliere quanto c’è in giro di Liborio Romano ? Per informazioni o collaborazioni: www.donliborioromano.it - info@donliborioromano.it 347-1221147

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Autore: Giovanni Spano

Data di pubblicazione: 25/08/2008

Testata: Studi in memoria di Antonio Michele Ferraro

 
 
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