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  Il diario di Don Liborio Romano  

Il DIARIO è un lavoro su cui si sta lavorando da diversi anni, ma essendo Liborio Romano un personaggio molto citato e discusso, nei testi attuali e del passato, comporta ancora tanta ricerca e tanto studio.
Lo scopo rimane sempre quello di fare luce sulla figura di questo
GRANDE CALUNNIATO.

Un invito a chi vuole contribuire alla raccolta di notizie e materiali:
"Lavoriamo insieme per ricostruire la nostra storia".

Contattateci info@donliborioromano.it
IL 17 LUGLIO 2007 ABBIAMO RICORDATO CON UN CONVEGNO DAL TITOLO "conoscere don Liborio Romano" ,IL 140° ANNIVERSARIO DALLA MORTE DI LIBORIO ROMANO (1867-2007)... la cerimonia è andata benissimo.

Liborio Romano illustre salentino ....... per pochi , sconosciuto per altri. • Liborio Romano, nasce a Patù il 27 ottobre 1793, da Alessandro e Giulia Maglietta, la famiglia è composta da sette figli, quattro maschi e tre donne, dei quali Liborio è il più grande, seguono Gaetano, Elisabetta, Giovanni, Marta, Giuseppe e Rosa. • Liborio da Patù va a Lecce fino al 1810, dove comincia e completa i suoi studi classici, sotto la guida del letterato e poeta Francesco Bernardino Cicala. • Nel 1817 si reca a Napoli, per proseguire gli studi, nella scienza delle leggi, ebbe come maestri il Sarno, il Gerardi e il Giunti, nel 1819 si laurea. • Nel 1820 viene inviato in Terra d'Otranto per raccogliere i militi sbandati. Nello stesso anno fu condannato al confino a Patù dove risiede per due anni. • Per intercessione del suo maestro Felice Parrilli, ottenne il permesso di recarsi a Lecce per esercitare la propria professione di avvocato. • Nel 1824, si trasferisce a Napoli, ed ancora su di lui si abbatte la tegola della giustizia, (anzi dell'ingiustizia), è obbligato a risiedere a Napoli, dal settembre 1824 fino a marzo 1825. • Nel 1825, poi ottiene di andare a Trani per l'espletamento della sua professione. • Il 7 giugno 1825, Oronzo Gabriele Costa,di Alessano, dichiara che in una riunione settaria in casa di don Pasquale Ferrante di Martignano, (caso strano), ricorda solo il nome di Liborio Romano. Ancora denunziato dal Valentino Valentini, di Morciano, per dei vecchi rancori. Don Giacinto Toma, di Maglie, sotto interrogatorio, include il Romano, nella lista dei settari della Provincia di Lecce. • Nel 1825, il Romano, occupato a difendersi dalle varie calunnie ed accuse, sostiene una sola causa. • Il 17 gennaio 1826 alle ore 22.45 viene arrestato a Trani e tradotto a Napoli nel carcere di Santa Maria Apparente, dove resterà sette mesi, viene scarcerato il 23 agosto 1826. - • Il 18 gennaio 1826 a Lecce, viene arrestato anche il fratello Gaetano. • Nel 1826 Liborio Romano sostiene solo tre cause e quattro nel 1827, e poi nove nel 1828. E poi sempre crescendo fino a settanta , ottanta per anno. Il suo studio a Napoli, diventa sempre più importante, dove collaboravano altri quattordici avvocati, tra i quali, i fratelli Gaetano e Giuseppe, Libertini Giuseppe e Giuseppe Pisanelli di Tricase. • Al Romano si fanno tante accuse, ma ad oggi ancora nessun documento certifica la disonestà. Una lode del fratello Giuseppe, non suona falsa in proposito: “....ed avrebbe potuto, nonostante la rovina fatta dalle persecuzioni politiche, accumulare dall'esercizio dell'avvocheria un buon patrimonio; ma del denaro non curavasi e come aveva il bastevole pel modesto suo vivere, non pensava al resto”. (Ghezzi p.24). • Nel 1833 difende il fratello Giuseppe. • Nel 1836 difende l'Inghilterra contro il reame borbonico, nella “Questione degli zolfi”, vincendo la causa. • Nel 1837, difende gratuitamente Geremia Mazza suo assistente, dall'accusa di cospirazione politica. • Nel 1848, non viene eletto deputato per quattro voti, ne prende 1496 su 1500 occorrenti per essere eletti. • Per i moti del 1848, viene preso come caprio espiatorio. • Sul finire del 1849 viene imprigionato nuovamente, ritorna in Santa Maria Apparente, dove resta altri due anni. (La data di questo secondo arresto, non è chiara, infatti, risulta:sul finire del 1849 su (Il mio rendiconto politico pag.11) e febbraio 1850 (Memorie politiche pag.7-8)). • Nel 1851 chiede la grazia al comm.Gaetano Peccheneda, che la concede dopo un'altro anno di carcere. • 1852 in esilio in Francia, dove rimane dal 4.02.1852 fino al 25.06.1854 prima a Montpellier e poi a Parigi. In un primo momento, Liborio Romano, non firma la domanda di grazia formulata dal Mazza, ma maturando alcuni avvenimenti nella sua famiglia: arresto del fratello Giuseppe, morte della madre, il fratello Giuseppe, lo esorta a tornare in patria sia pur firmando la dichiarazione di polizia, Giuseppe nella lettera del 28.05.1854 gli invia la supplica per la grazia. Infine Liborio Romano , firma il documento. • Nel settembre del 1859,perseguitato dall'Aiossa capo della polizia, sfuggì all'arresto, protetto dal Conte d'Aquila, suo amico, che lo ospitò in casa sua. • Il 25 giugno 1860, il Re firma l'atto sovrano, che accorda l'amnistia generale per i perseguitati politici. Il nuovo gabinetto, porta al potere uomini nuovi di tendenza liberale quali Spinelli, Manna, Federico del Re e Liborio Romano nella carica di prefetto di polizia. Da questo momento in poi, il Romano viene alla ribalta, si intuisce il malcontento del popolo napoletano per le tardive concessioni, Napoli non ha più fiducia nel suo re. Sono come tante sentenze di morte, cui pare facciano eco le parole del vecchio Filangeri:”Lascio ad altri l'amaro uffizio di far da becchino alla dinastia”. • Quando tutti scappano, il Romano prende a cuore le sorti dei napoletani e li guida verso l'Unità, evitando una guerra civile. Il disordine in città, era in ogni angolo, la camorra potente, numerosissima attendeva la sua ora. Questa la situazione interna che Liborio era chiamato a chiarire. • Che fare ? • A chi rivolgersi ? • Lo soccorre un'idea, dirò così, omeopatica: tentare di combattere il male col male stesso. La camorra era allora l'elemento di maggior pericolo. Bene: serviamoci della camorra (da qui l'accostamento del Romano alla camorra, che lo segue ancora oggi). Ne chiama a casa sua i caporioni: Michele ò Chiazzere, Schiavetto, Persianaro, De Crescenzio; si presenta loro bonariamente, parla con cordialità, ne solletica l'amor proprio, ne scusa i passati errori, e quando crede di averli confusi a sufficienza, propone la redenzione col mettersi alle sue dirette dipendenze. Eccellenza, siamo vostri – promisero quei popolani. Egli poi non commise l'errore di formare la polizia esclusivamente da costoro, ma aggiunse questa gente ai vecchi e ai nuovi funzionari, mettendo a capo, delle pattuglie chi ispirava più fiducia, o meglio, meno diffidenza. In ogni modo lo scopo urgente di soffocare i preparati tumulti fu raggiunto: Napoli rimase calma e non si ebbe a verificare in quei giorni il menomo incidente. Armati di bastone e distinti da una coccarda tricolore, i camorristi poliziotti erano di una straordinaria solerzia, talvolta anche eccessiva. Il provvedimento fu variamente giudicato allora e in seguito: gli storici lo hanno visto nel complesso dell'opera politica del Romano, e, come hanno giudicato l'insieme, così il particolare. • Il Lazzaro, a qualche anno dagli avvenimenti, encomia “lo squisito tatto pratico, che solo dottrinari meschini hanno potuto condannare”. • Nicola Nisco, anch'egli contemporaneo, giustifica pienamente il provvedimento, che “fece nascere dal disordine l'ordine e Napoli fu salvata dai misfatti e dalle rapine”. • Il De Cesare, molto più tiepido afferma: “Il provvedimento ebbe il suo bene e il suo male”. • Ma che avesse il suo male ne era convinto lo stesso autore, il quale non si vantò mai di averlo ideato, anzi lo ha considerato sempre come un atto di disperazione, dettato proprio dalla eccezionalità dei tempi. (Ghezzi p.92-93-94) • “Si condanni ora il mezzo da me operato: mi si accusi di avere introdotto nelle forze di polizia pochi uomini, rotti ad ogni maniera di vizi e di arbitri. Io dirò a codesti puritani, i quali misurano con la stregua dei tempi normali, i momenti di supremo pericolo, che il mio compito era quello di salvare l'ordine: e lo salvai col plauso di tutto il paese”. (L.R. Memorie politiche p.52) • Il 27 giugno il Romano assume il prefettorato di polizia che durerà fino al 14 luglio 1860 (Marti p.36-38 note). • La mattina del 28 giugno il nuovo Prefetto di polizia, Liborio Romano, emana il suo primo manifesto, invitando i cittadini alla calma. • In fondo a tutto questo plauso vi è però l'equivoco di cui il Romano sarà vittima.(Ghezzi p.90) • L'atto di don Liborio ebbe il suo bene e il suo male, e potè essere giustificato dalle circostanze.(De Cesare p.583 La fine di un regno) • Il 14 luglio 1860 Liborio Romano assume la carica di MINISTRO DELL'INTERNO E DELLA POLIZIA. • Il 17 luglio uscirono le prime pattuglie, accolte da applausi strepitosi. Consiglia al Re, Francesco II°, con il famoso Memorandum, di lasciare Napoli per evitare alla città un bagno di sangue. • Il 6 settembre 1860 il Re si ritira a Gaeta, aprendo la strada a Garibaldi che dopo aver ricevuto le dovute assicurazioni da Liborio Romano, entra a Napoli, disarmato ed osannato dalla folla. Ad accoglierlo ci sarà Liborio Romano, Antonietta De Pace ed il popolo napoletano in festa. • Il 22 settembre il traghettatore Liborio Romano che fu ministro di Francesco II° e poi di Garibaldi, nel governo provvisorio, rassegna le sue dimissioni, avviando il cammino per l'Italia Unita. La popolarità del Romano continua anche dopo l'Unità. • Nel 1861, nel primo parlamento di Torino rappresenta gli otto collegi del sud che lo hanno eletto. Non altrettanto hanno fatto il parlamento ed i suoi “amici”, che non riconoscendogli lo spessore dell'uomo e del politico, lo hanno affossato con l'arma della calunnia, gratuita, ma efficace. Contro tutto questo si batte per i popoli del sud, fornendo al Cavour una lettera detta delle dieci piaghe, dove descrive per filo e per segno i problemi dei popoli meridionali, suggerendone anche i rimedi. Cavour, lo definisce la migliore testa del mezzogiorno d'Italia. Cavour muore subito, ed i sogni di entrambi non si concretizzano. • Liborio Romano, oramai in età avanzata e pieno di malanni si ritira a Patù, dove il 17 luglio 1867 muore, le sue spoglie sono conservate nella cappella di famiglia di fronte al palazzo Romano. Giovanni Spano Presidente Associazione culturale “don Liborio Romano” Patù www.donliborioromano.it - info@donliborioromano.it - cell.347-1221147

 
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